Camminare aiuta a pensare

Pubblicato il 17 giugno 2014 | Categoria: Sport e pische, Sport e psicologia

Una nuova ricerca dimostra che camminare stimola il pensiero creativo.
In una serie di esperimenti, alcuni ricercatori della Stanford University, California, hanno confrontato i livelli di creatività nelle persone mentre camminavano e mentre erano seduti, ed hanno scoperto che camminare stimola la capacità di pensare in modo creativo mediamente del 60% in più che quando si è seduti.

In effetti molte persone hanno questa convinzione e sostengono di aver avuto le loro idee migliori mentre camminavano.

Il compianto Steve Jobs, fondatore della Apple, era solito camminare durante le riunioni, e lo stesso è solito fare Mark Zuckemberg, inventore di Facebook.
E’ altrettanto vero che Walt Disney ebbe l’idea e disegnò il primo topolino mentre era seduto in treno, ma chi ha letto i fumetti della saga dei paperi ricorderà sicuramente che Zio Paperone, quando pensava intensamente per risolvere un problema, era solito camminare a lungo in cerchio fino a scavare fossati nel pavimento.

Lo studio

Ora uno studio del Dr. Marily Oppezzo e di Daniel Schwartz, professore alla Stanford Graduate School of Education, pubblicato sul Journal of Experimental Psychology, può spiegarcene i motivi.
I ricercatori hanno infatti trovato che l’atto di camminare, non importa se in una stanza chiusa o all’aperto, ha effetto sulle aree del cervello deputate alla stimolazione creativa.

Sia che camminiate in una stanza o su un tapis roulant sia che camminiate allaperto, magari passeggiando in un parco, la vostra capacità di trovare risposte multiple a dubbi e domande praticamente raddoppia.

Gli stessi ricercatori sono rimasti sorpresi dal fatto che l’effetto creativo sia lo stesso in ambienti chiusi o aperti e non sia, quindi, stimolato da fattori ambientali sopratutto separticolarmente piacevoli, e ritengono che sia da attruibuirsi all’effetto di maggior ossigenazione che un’attività aerobica, come il camminare, favorisce.

Tra l’altro, secondo lo studio, l’effetto si mantiene per un certo tempo anche dopo che la passeggiata è terminata.
Per svolgere gli esperimenti, per un totale di quattro diverse prove, il dr. Oppezzo e il Prof. Schwartz hanno reclutato 176 studenti universitari e altrettanti adulti, e li hanno impegnati nelle attività che i ricercatori usano normalmente per misurare il pensiero creativo, dividendoli in gruppi, alcuni impegnati nei test con modalità anaerobica (seduti) ed altri con modalità aerobica (camminando).

Per valutare tutte le variabili, i partecipanti sono stati messi in ogni possibile condizione tanto che, in una delle prove, le persone che svolgevano i test in modalità anaerobica sono state fatte sedere su sedie a rotelle e portate all’esterno, negli stessi luoghi e secondo un percorso preordinato, dove venivano svolti i test in modalità aerobica.

Questo per rendere possibile a tutti di effettuare la prova nel medisimo ambiente e con le stesse condizioni visive, in modo da essere certi che i risultati non fossero influenzati dalle diverse condizioni ambientali.

Tutti i partecipanti sono stati impegnati nei due tipi di test, sia in condizioni aerobiche che anaerobiche con una durata che andava dai 5 ai 15 minuti.
Pensiero divergente

In tre degli esperimenti i partecipanti si sono impegnati nei test del pensiero divergente.

Il pensiero è stato classificato da J.P. Guilford, che definì il pensiero come divergente o convergente. Il pensiero divergente, secondo questa classificazione, è la capacità che determinate persone mostrano di offrire una gamma di possibili soluzioni per un dato problema che non preveda un’unica risposta corretta. Questà capacità è uno dei maggiori indici di misura della creatività.

La prova

Per svolgere la prova, ai partecipanti è stato consegnato un oggetto invitandoli a descrivere quanti più possibili modi di utilizzarlo.
Le risposte sono state considerate valide soltato se uniche, cioè non utilizzate da nessun altro nel gruppo, e in condizioni adeguate alla realtà vale a dire che il modo di utilizzo proposto doveva essere provato e funzionante nella realtà.
La stragrande maggioranza dei partecipanti al test in condizioni aerobiche, ha mostrato una creatività maggiore del 60% rispetto a se stessi quando hanno svolto lo stesso test in condizioni in condizioni anaerobiche.

Pensiero convergente

Sempre secondo la definizione di J.P. Guilford il pensiero convergente si manifesta quado un gruppo di individui convergono su un’unica risposta accettabile che produce una efficace soluzione ad un dato problema.

In questo caso, lo studio non ha mostrato particolari differenze tra condizioni aerobiche ed anaerobiche, dimostrando che la creatività non si sviluppa sulla base di schemi cerebrali preordinati ma di processi personali ed unici del pensiero.

Nel caso del test sul pensiero convergente, effettuati con prove sull’associazione di parole, addirittura i test hanno mostrato un punteggio lievemente più basso se svolto in condizioni aerobiche.

Il test non è esaustivo, spiegano i ricercatori, ma è un passo avanti per scoprire quanto il corpo sia in grado di influenzare la mente.
Sono già in preparazione nuovi esperimenti per verificare se anche altre attività fisiche, oltre al camminare, siano in grado di produrre risultati.

Citando anche un altro studio, in base al quale si è scoperto che camminare può ridurre il rischio di malattia cardiaca, i ricercatori hanno proposto che si rivedano le attuali convinzioni in base alle quali correre è più salutare che camminare. Lo studio, pubblicato su Medical News Today descrive come, dopo aver confrontato 33.060 praticantiabituali di jogging e 15.045 escursionisti, i ricercatori hanno concluso che camminare a passo svelto può ridurre il rischio di diabete, ipertensione, pressione e colesterolo alto. A questo proposito il cardiologo dr. Stefano Petronzelli suggerisce a chi ha problemi cardiaci “..camminare fa certamente bene in tutte le situazioni. 
È bene, però, valutare le modalità di svolgimento dell’attività fisica in base alla propria patologia. 
Parlatene, quindi, con il cardiologo e…buona camminata!”.